Voglio introdurre la riflessione in questa notte di Pasqua con un’immagine: due persone si incontrano e avvertono subito nel loro intimo di sentirsi attratte, comincia una frequentazione, ci si conferma nel reciproco sentimento di amore e comincia una vita insieme, fatta di condivisione e sostegno reciproco. Il tempo trascorre e qualcosa comincia ad incrinarsi, cio che un tempo appariva bello non trasmette più quella freschezza di gioia di vivere. È il tempo della crisi. Il pensiero torna a quel”primo giorno”, così carico di promesse capaci di dare un senso alla propria vita, c’è una vita prima di quel giorno, c’è una vita dopo quel giorno. Così arriva il tempo della decisione: cancellare quel giorno o riappropriarsi delle promesse ancora una volta e poter concretizzare che non furono belle illusioni, da coltivare solo per un tempo, ma verità di significato che illuminano il vivere.
Abbiamo iniziato questa Veglia con la liturgia del cero, la luce di Cristo che squarcia le tenebre, il cero è simbolo, la realtà è la Parola di Dio che illumina i nostri cuori e abbiamo iniziato a proclamarla in questa notte proprio ricordando la prima parola pronunciata da Dio: In principio … Dio disse. “Sia la luce!”. E la luce fu.Vanno superandosi i tempi in cui si vuole mettere in contrasto la narrazione biblica con le ipotesi scientifiche, per noi pensare che la realtà è creazione significa che l’esistenza trova il suo significato in un Dio che nel suo amore chiama all’esistenza.Questa chiamata è un chiamata alla luce, lo diciamo anche per la nascita umana: si viene alla luce. La luce posta all’inizio della creazione si manifesta nella costatazione “Dio vide che era cosa buona” e dell’umanità dirà: “Era cosa molto buona”.
Ma questa bontà luminosa che segna il primo giorno dell’esistenza e che da senso all’intera esistenza cominciò a vacillare, il peccato inquina ogni sogno di bontà e il male si diffonde come tenebra che invade la storia umana. Tutti possiamo constatare quanto il male è presente in noi stessi e nella storia dell’umanità. Quel primo giorno, con la sua promessa di luce è solo una bella illusione? Ma Dio, come un innamorato che soffre nel vede consumarsi la forza di quella promessa, ritorna a quel primo giorno e con sé conduce tutta l’umanità.
Ed ecco, lo abbiamo sentito il Vangelo: “Il primo giorno della settimana, al mattino presto”. È il primo giorno della luce che ora vince le tenebre della morte.Tutto rinasce, la vita nuova è donata all’umanità e con essa alla creazione tutta, tutto è rinnovato. Gesù il risorto è l’uomo nuovo, l’apostolo Paolo usa l’espressione”nuovo Adamo”. L’uomo nuovo è l’uomo non più prigioniero del peccato, del male. Ed è stato visto quest’uomo nuovo pellegrino per le strade della Palestina, parlare di Dio come di un padre amorevole, parlare del Regno atteso luogo di giustizia e di pace, sanare i sofferenti, accogliere i poveri e gli emarginati, usare parole di perdono per i peccatori, insomma attorno a Lui si respirava una vita nuova, una vita dove il peccato perdonato lasciava il posto alla luce, era Lui che veniva come sole che sorge “per rischiarare quelli che sono nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace”. Le tenebre annidate nel cuore degli uomini pensarono di spegnere quella luce rotolando la pietra sul sepolcro, ma quella luce, il primo giorno della settimana ritorna a splendere; andarono le donna al sepolcro ma trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e si domandarono che senso avesse tutto questo.
Il senso di tutto questo è che quel primo giorno riaccende la promessa di bene per l’umanità. Ora tutto puo ritornare ad essere buono. Ora è ridata la possibilità di rinascere. Ora ciascuno, trovandosi come l’innamorato in crisi, puo scegliere se ritornare alla promessa del primo giorno o lasciare naufragare ogni cosa nel vortice del male. Ognuno di noi ha vissuto quel primo giorno, il giorno del nostro battesimo,grazie ai nostri genitori la Chiesa ci ha accolti e con la grazia sacramentale siamo stati trasferiti dalla tenebre alla luce, dal peccato alla grazia, consegnandoci il dono della fede.
Donne e uomini di fede, che sanno fare spazio nella loro vita alla Parola del Signore, che testimoniano il cambiamento del cuore in opere di amore e giustizia, che riconoscono la presenza del Risorto in ogni persona onorandole nella dignità, che non si alimentano di presunzione, ma con umiltà sanno riconoscere le proprie fragilità e se cadono si lasciano rialzare dalla mano che porge loro il Vivente. Donne e uomini che hanno fiducia in Dio e riconoscono i germi di bene presenti in ogni circostanza dell’esistenza. Uomini e donne che possono rattristarsi e piangere, ma non si lasciano atterrire dal mistero della morte perché sanno che in quel momento inizia un nuovo primo giorno, il giorno dell’eternità che non conosce tramonto.
In questa Veglia pasquale la liturgia ci ha introdotti alla luce di Cristo, ci ha offerto la Parola che è lampada ai nostri passi e ci fa ritornare al quel primo giorno in cui la vita nuova ci è stata promessa e a cui vogliamo ritornare rinnovando le promesse battesimali.
Accogliamo il dono della fede e chiediamo al Signore che possa riflettersi sui nostri volti, tutti hanno un immenso bisogno di questa fede!